home page home page home page home page
area clinica contributi degli esperti consulenza psicologica comunicazioni area riservata chi siamo

 

Stop del pensiero

 

I pensieri disadattivi e disfunzionali hanno spesso un effetto a cascata per il soggetto. Un pensiero o una riflessione su un dato evento può partire come un qualcosa di inizialmente insignificante ma può se “lasciato libero” acquistare peso e forza. Questo vuol dire che spesso gli individui valutano i propri pensieri e le proprie considerazioni attribuendo valutazioni a catena, e generando circoli e problemi secondari. Una volta creati, questi processi disfunzionali hanno un tale impatto sull’individuo che può essere difficile bloccarli. Ad esempio, un paziente depresso può generare una catena di considerazioni sulla minaccia da parte degli altri e della durezza della vita che può condurlo velocemente al suicidio.

Una tecnica utile in queste situazioni, nello stadio precoce ed iniziale del processo, è lo “stop del pensiero”. Per fare questo il terapista può addestrare il soggetto a raffigurarsi in mente la parola “Stop”, oppure può scriverla su un foglio e indicarla ed utilizzarla all’occorrenza nella seduta, oppure può attribuire il significato di “stop” ad un gesto che all’occorrenza può fungere da segnale per il paziente e un ausilio per lo stesso paziente a rafforzare il comando di “stop”.  Possono essere utili vari modi per indicare il comando di “stop”, da segnali visivi, a stimoli acustici come campanelli o altri rumori, o segnali cenestesici e tattili. Ognuna di queste procedure è usata nella fase di partenza del processo, ed è molto utile nel bloccare lo sviluppo e la progressione dei pensieri.

I vari segnali usati per indicare il comando di “stop” sono utili anche per il valore mnemonico che possono avere; infatti essi possono costituire un aiuto e un sussidio per il paziente, il quale avendo applicato in seduta tale comando si ricorda di esso con più efficacia. Questa tecnica ha un valore duplice: è sia distraente, in quanto si propone un segnale all’attenzione distogliendola da un certo stimolo attivo fino a quel momento, ed è anche avversiva in quanto si contrappone una intenzione ad una intenzione contraria. Lo scopo principale è quello di permettere al paziente di riacquistare il senso del controllo del proprio pensiero attraverso un modo tangibile e perciò rassicurante.

Questo tipo di procedura è utile per contrastare la modalità frequente che i soggetti utilizzano nel fronteggiare un pensiero (intrusivo) non voluto, sia scandalizzante che rifiutato o ancora giudicato estraneo. Se il soggetto intenzionalmente si sforza di non pensarlo incorre nel famoso “paradosso della intenzionalità” pensandolo in realtà molto più di prima in quanto controllerà se lo sta pensando momento per momento. Una modalità adattiva consiste nell’impegnarsi in un compito selezionato che ha un valore di interesse e di utilità reale per il soggetto (non è scelto a caso.

Una variante è quella di indirizzare lo “stop” non al pensiero intrusivo ma alla valutazione negativa del soggetto; lo stop ha la funzione di blocco delle valutazioni disfunzionali ma anche quello di costruire tendenzialmente una rappresentazione sempre meno convincente delle originarie valutazioni. Questa variante punta allo sviluppo di un atteggiamento di accettazione dei propri contenuti mentali.

 

 

 

 

 

area clinica contributi degli esperti consulenza psicologica comunicazioni area riservata chi siamo
  © Psicologia Italia 2004 - Tutti i diritti relativi a grafica e contenuti sono riservati.