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Inconscio

Il termine "inconscio" è stato utilizzato da Von Hartmann per indicare il principio della sua filosofia. Egli si rifaceva ai precedenti delle "percezioni insensibili" di Gottfried Leibniz e quindi teorizzava l'esistenza di una zona inconscia. L'esistenza di una zona inconscia divenne un cardine della scuola di Wolff e fu ammessa da Kant. Fu però Schelling che descrisse l'inconscio come un'aspetto essenziale: "Questo eterno inconscio... che si nasconde... e imprime alle azioni libere la sua identità" (System der transzendentalen Idealismus, IV, F). Arthur Schopenhauer riteneva inconscia la volontà di vivere. Su questa stessa linea si inseriva Henri Bergson.

Freud e i successivi psicologi del profondo fecero dell'inconscio, insieme ai concetti complementari di proiezione e rimozione che lo giustificano, il cardine del pensiero e della prassi psicoanalitica, portando questo concetto a livelli di divulgazione mai raggiunti prima.

Indice

1 Considerazioni di Sigmund Freud

2 Jung e l'inconscio collettivo

3 Considerazioni di Alfred Adler

4 Considerazioni di Melanie Klein

5 Considerazioni di Wilfred Ruprecht Bion

6 Considerazioni di Jacques Lacan

7 Considerazioni di Noam Chomsky

8 Voci correlate

 

- Considerazioni di Sigmund Freud

Con il termine inconscio egli intendeva un complesso di processi, contenuti ed impulsi che non affiorano alla coscienza del soggetto e non sono quindi controllabili razionalmente. Il termine inconscio nel pensiero di Sigmund Freud si riferì dapprima ad una parte della mente in cui si trovano i contenuti psichici rimossi, per poi passare ad indicare i contenuti stessi che possono riaffiorare nei sogni in forma simbolica, o manifestarsi come atti mancati, come i lapsus e le distrazioni. Freud afferma che nella nostra psiche esiste una dimensione incoscia e irrazionale, in cui si annidano una serie di istinti e desideri (per lo più di natura sessuale) il cui contenuto non si manifesta a livello cosciente, ma la cui soddisfazione è necessaria, pena il manifestarsi di disturbi del comportamento più o meno gravi.

 

L'interiorità umana, quella che tradizionalmente era definita anima o psiche ed era ritenuta indistintamente la sede della razionalità, della volontà e delle emozioni, venne perciò indagata come un complesso di luoghi diversi, ciascuno dotato di una sua forza e di una sua autonomia. Era così possibile conoscere particolari aspetti della personalità soltanto percorrendo vie molto tortuose. Poteva essere quindi necessario analizzare i sogni dei pazienti o le loro manifestazioni di ansia, oppure prestare attenzione ad alcuni gesti quotidiani, od a espressioni e modi di dire apparentemente insignificanti. L'inconscio in sostanza era una ragione, che trascendeva quella dell'Io, e che comunicava attraverso le sintomatologie la verità non consapevole. L'ottimismo terapeutico di Sigmund Freud fece dell'inconscio un luogo dotato di senso, che richiedeva un'ermeneutica, una capacità interpretativa specifica.

 

Più avanti, Sigmund Freud nell'illustrare il nuovo statuto dell'Io, introdusse la nuova istanza dell'Es, che descrisse riportando le parole di Georg Walther Groddeck come "la forza ignota e incontrollabile da cui veniamo vissuti". Sigmund Freud elaborò il concetto preso a prestito da Georg Walther Groddeck nella sua concezione della psiche. Al di là della collocazione topica delle nuove istanze, il padre della psicoanalisi invitò a non considerarle quali entità separate, mettendo in guardia dal sostanzializzarle. Su queste considerazioni psicoanalisti post-freudiani si basarono per ipotizzare la possibilità di un'ereditarietà stessa dell'Es. Benché Sigmund Freud non abbia potuto scrivere nulla di assoluto in merito, è bene comunque ricordare che nelle frammentarie annotazioni che questi prese nell'estate del ’38, quindi poco prima di morire, contenute sulle due facciate di un foglio considerato il suo testamento programmatico, scrisse di possibili mutamenti sull'ipotetica vestigia ereditaria dell'inconscio, e ciò indicherebbe la mancanza di uno statuto d'attinenza definitiva della psicoanalisi.

 

Freud riteneva che il sogno fosse una manifestazione psichica, onirica, mirata alla realizzazione di un desiderio pulsionale non realizzato nella realtà, che attingeva i propri contenuti latenti dall'inconscio. I lapsus, le forme d'amnesia momentanea ed i falsi ricordi non sono casuali. Con la "strutturazione" Sigmund Freud ci indica che la psiche è strutturata in: Io - Es - Superio. L'Es rappresenta l'istinto, la pulsione, completamente mutuate dall'inconscio. Il Super-Io è il "precipitato" degli insegnamenti morali, sociali ed educativi, ed esita tra contenuti consci e inconsci. L'Io è il mediatore tra l'Es ed il Superio (tra istanze pulsionali e morali).

- Jung e l'inconscio collettivo

Carl Gustav Jung, ha fortemente contribuito a fare chiarezza sul concetto e sulle definizioni del termine inconscio. Nei suoi studi ha distinto l'inconscio personale dall'inconscio collettivo. Con questo termine egli indica l'insieme dei contenuti psichici universali preesistenti all'individuo e legati al complessivo patrimonio della civiltà, e propriamente, gli archetipi. Infatti Quest’ultimo, secondo lo psicologo svizzero, si manifesta attraverso archetipi che trovano il loro riferimento nel patrimonio storico-culturale di un vasto gruppo o dell'intera umanità e si presentano nei simboli onirici e nelle allucinazioni, ma anche nelle visioni dei mistici, nei riti religiosi e nelle opere d'arte. La scoperta dell'inconscio e le elaborazioni della psicoanalisi hanno avuto, dopo una prima forte resistenza, un grande impatto sulla nostra civiltà: non a caso il sostantivo inconscio è diventato parte del vocabolario comune, superando i limiti della terminologia tecnica della medicina.

- Considerazioni di Alfred Adler

Alfred Adler spiega che l'inconscio del bambino sviluppa naturalmente il proprio complesso d'inferiorità a causa della piccolezza della sua fisicità soprattutto qualora nell'opera educativa i genitori gli instillano il concetto che egli non vale, che egli è inferiore. Il suo superamento avviene normalmente attraverso i genitori o dai famigliari stessi con i rinforzi positivi, ossia gli incoraggiamenti necessari per il normale inserimento nella vita.

- Considerazioni di Melanie Klein

Le definizioni secondo Melanie Klein di determinismi inconsci sono: la coscienza di una casualità od eccezionalità nei processi mentali, giacché ogni evento psichico viene determinato dagli eventi che lo hanno preceduto, in cui il fattore tempo, come lo si concepisce coscientemente, non esiste. Oltremodo, il senso di colpa che si riferisce sempre ad un evento psicologico passato, e l'angoscia che si riferisce sempre ad un evento psichico futuro.

- Considerazioni di Wilfred Ruprecht Bion

I fenomeni che hanno origine dall'inconscio secondo Bion, dipendono da come si sono sedimentate le tracce di esperienze precoci che risalgono fino alla primissima infanzia e dal ruolo che in tali circostanze ha svolto la madre (o il sostituto eventuale).

Una madre adeguata alle necessità primarie del suo ruolo, secondo questo Autore, è quella che può avocare a sé gli stimoli della realtà che il figlio non è in grado di gestire, di trasformarli in forme verbali e comportamentali emotivamente connotate e mostrarli al piccolo in modi adeguati all'età, evidenti e rassicuranti, rendendogli possibile averne esperienza.

Gli stimoli esterni dell'esperienza fisica e psichica che arrivano al bambino senza che questi sia in grado di interpretarli sono da Bion definiti "elementi beta" e descritti come analoghi a conglomerati che la psiche non è in grado di metabolizzare. Essi possono entrare a far parte dell'inconscio come oggetti malevoli e distruttivi e causare nel tempo fenomeni che vanno dal disturbo psicologico, al disadattamento fino all'alienazione in più gradi e a franche forme di allucinazione. Quando tali oggetti vengono interiorizzati dalla madre e trasformati in oggetti comprensibili - da Bion detti "elementi alfa", una volta restituiti al bambino questi può a sua volta interiorizzarli come oggetti buoni e alleati; esperienze delle quali potrà fruire inconsciamente in modo proficuo.

- Considerazioni di Jacques Lacan

Il linguaggio si suddivide tra significante e significato: il significante è il concetto, il simbolo, quello che si vorrebbe esprimere, che si forma nella mente e viene trasmesso per mezzo della comunicazione; il significato invece, sempre secondo Jacques Lacan, è ciò che viene decifrato e capito dal ricevente e, di sovente, vi sono delle vere sorprese se si cerca di capire quanto gli altri hanno compreso di ciò che noi volevamo esprimere. Anche qui, adesso …

 - Considerazioni di Noam Chomsky

Tutto ciò che serve a manifestare all'esterno la nostra interiorità ha il nome di linguaggio, ossia linguaggio parlato, scritto e gestuale. Esso si suddivide, in termini strutturali, in una parte superficiale ed una più profonda, inconscia. Noam Chomsky sottolinea che la parte superficiale riguarda l'organizzazione della frase, mentre la parte più profonda è attinente al substrato strutturale astratto.

 

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