[-] Ebraismo
La bibbia ebraica non ha una definizione
sistematica dell'anima, anche se nella letteratura rabbinica
classica è possibile trovare diverse descrizioni dell'anima
dell'uomo. Nella bibbia ebraica vi sono tuttavia due termini
che, nelle elaborazioni successive delle varie religioni, sono
stati collegati al concetto di anima.
Il primo è nèfesh e indica l'uomo come
essere vivente. Nel canone ebraico la parola nèfesh ricorre
754 volte, la prima delle quali in Genesi 1.20. La
costituzione dell'uomo come 'nefesh' è descritta in Genesi
2:7:
Dio il SIGNORE formò l'uomo dalla polvere
della terra, gli soffiò nelle narici l'alito vitale e l'uomo
divenne un 'anima vivente (ebr. nèfesh hachaiyàh; latino
animam viventem; greco psychè ton zòion).
Il nefesh non si identifica con il soffio
di vita che proviene da Dio, ma indica il respiro. In questo
senso l'essere animato [Nèfesh] va incontro alla morte,
identificata con lo Sheol o Inferi, il luogo della morte.
Esiste inoltre il termine ruach, in greco
pnéuma e in latino spiritus. Pnèuma deriva dal verbo pnèo, che
significa “respirare” o “soffiare”, e si ritiene che anche
l’ebraico rùach derivi da una radice che ha lo stesso
significato, ed indica l'alito vitale comunicato da Dio
all'uomo.
Saadia Gaon e Maimonide spiegano il
classico insegnamento rabbinico sull'anima attraverso le lenti
della filosofia neo aristotelica. Il primo (nel trattato
Emunoth ve-Deoth 6:3) sostiene che l'anima è quella parte
dell'uomo che è costituita di desideri fisici, emozioni e
pensiero. Il secondo, (nella Guida dei Perplessi) intende
l'anima come l'intelletto sviluppato, privo di sostanza.
Nella Qabbalah e nello Zohar (un trattato
di mistica) l'anima è vista come composta da tre elementi:
nefesh, ru'ah, e neshamah. Essi sono solitamente spiegati in
questi termini:
Nefesh La parte inferiore o "funzioni
animali" dell'anima. Si riferisce agli istinti e funzioni
vitali. Si trova in tutti gli uomini, e entra nel corspo
fisico al momento della nascita. È all'origine della natura
fisica e psicologica.
Le altre due parti dell'anima non
esistono dalla nascita, ma si creano lentamente col passare
del tempo. Il loro sviluppo dipende dall'agire e dalle
credenze dell'individuo. Di esse si dice che esistano in forma
completa negli individui spiritualmente avanzati
Ruach L'anima mediana, o spirito. Essa
consiste nelle virtù morali e nella capacità di distinguere il
bene dal male. Nel linguaggio moderno è analoga alla psiche o
all'ego.
Neshamah L'anima superiore, il Sé più
elevato. Essa distingue l'uomo da tutte le altre forme di
vita. Ha a che fare con l'intelletto, e permette all'uomo di
godere e beneficiare della vita dell'aldilà. Questa parte è
comune ad ebrei e non ebrei al momento della nascita. È la
parte che permette la consapevolezza dell'esistenza e presenza
di Dio.
Nello Zohar si dice che, dopo la morte,
il Nefesh si dissolve, il Ruach si trasferisce in una sorta di
stato intermedio dove è sottoposto ad un processo di
purificazione ed entra in una specie di "paradiso
transitorio", mentre Neshamah ritorna alla sua fonte, il mondo
delle idee platonico, dove gode del "bacio dell'amato". Si
ritiene che dopo la resurrezione Ruach e Neshamah, anima e
spirito, si riuniscano in una forma definitiva trasmutata.
Il Raaya Meheimna, un trattato
cabbalistico pubblicato assieme allo Zohar, aggiunge due parti
ulteriori all'anima umana: the chayyah eyehidah. Gershom
Scholem scrive che "essi sono considerati i livelli più
sublimi della cognizione intuitiva, e si trovano solo in pochi
individui eletti:
Chayyah La parte dell'anima che permette
la consapevolezza della forza della vita divina stessa
Yehidah Il livello più elevato
dell'anima, nella quale si raggiunge la più intima unione con
Dio.
Molti studiosi del Talmud ritengono che
l'infusione dell'anima nell'embrione avvenga non prima del
quarantesimo giorno.
[-] Cristianesimo
Nel Nuovo Testamento non esiste una
definizione univoca di anima. Paolo di Tarso fa riferimento ad
una tripartizione dell'uomo, nominando il corpo, l'anima e lo
spirito, già presente in Platone. La parola psychè ricorre da
sola 102 volte, la prima dei quali nel Vangelo di Matteo 2:20,
ed è usata nelle citazioni di passi del Vecchio Testamento
dove è presente nefesh. Talvolta le due parole Psyche e Pneuma
finiscono per assumere il medesimo significato.
[-] Teologia cattolica
La Chiesa Cattolica non ha una
definizione filosofica esplicita dell'anima, sebbene abbia
respinto diverse dottrine come quelle gnostiche che
sostenevano che l'anima individuale era increata perché della
stessa sostanza divina, o la teoria della metempsicosi o
ipotesi secondo le quali l'anima (intesa come anima razionale
e spirito) non era considerata individuale e immortale. Fra
gli autori ecclesiastici che hanno affrontato l'argomento, con
diverse ipotesi, sono da annoverare Agostino di Ippona,
Tommaso d'Aquino e Bonaventura. Mentre Agostino immagina
l'anima come una specie di nocchiero del corpo, postulando un
certo dualismo, Tommaso d'Aquino insiste sull'unità
inscindibile dell'uomo. L'anima intellettuale è la forma del
corpo e la sua separatezza dopo la morte è vista come un
esilio, poiché essa è naturalmente unita al corpo, a cui tende
con la resurrezione finale.
COMPENDIO CATECHISMO DELLA CHIESA
CATTOLICA (2005)
II. «Corpore et anima unus» - Unità di
anima e di corpo
362 La persona umana, creata a immagine
di Dio, è un essere insieme corporeo e spirituale. Il racconto
biblico esprime questa realtà con un linguaggio simbolico,
quando dice: « Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e
soffiò nelle sue narici un alito di vita, e l'uomo divenne un
essere vivente » (Gn 2,7). L'uomo tutto intero è quindi voluto
da Dio.
363 Spesso, nella Sacra Scrittura, il
termine anima indica la vita umana, oppure tutta la persona
umana. Ma designa anche tutto ciò che nell'uomo vi è di più
intimo e di maggior valore, ciò per cui più particolarmente
egli è immagine di Dio: « anima » significa il principio
spirituale nell'uomo.
364 Il corpo dell'uomo partecipa alla
dignità di « immagine di Dio »: è corpo umano proprio perché è
animato dall'anima spirituale, ed è la persona umana tutta
intera ad essere destinata a diventare, nel corpo di Cristo,
il tempio dello Spirito.
« Unità di anima e di corpo, l'uomo
sintetizza in sé, per la sua stessa condizione corporale, gli
elementi del mondo materiale, così che questi, attraverso di
lui, toccano il loro vertice e prendono voce per lodare in
libertà il Creatore. Allora, non è lecito all'uomo disprezzare
la vita corporale; egli anzi è tenuto a considerare buono e
degno di onore il proprio corpo, appunto perché creato da Dio
e destinato alla risurrezione nell'ultimo giorno ».
365 L'unità dell'anima e del corpo è così
profonda che si deve considerare l'anima come la « forma » del
corpo; ciò significa che grazie all'anima spirituale il corpo,
composto di materia, è un corpo umano e vivente; lo spirito e
la materia, nell'uomo, non sono due nature congiunte, ma la
loro unione forma un'unica natura.
366 La Chiesa insegna che ogni anima
spirituale è creata direttamente da Dio – non è « prodotta »
dai genitori – ed è immortale: essa non perisce al momento
della sua separazione dal corpo nella morte, e di nuovo si
unirà al corpo al momento della risurrezione finale.
367 Talvolta si dà il caso che l'anima
sia distinta dallo spirito. Così san Paolo prega perché il
nostro essere tutto intero, « spirito, anima e corpo, si
conservi irreprensibile per la venuta del Signore » (1 Ts
5,23). La Chiesa insegna che tale distinzione non introduce
una dualità nell'anima. « Spirito » significa che sin dalla
sua creazione l'uomo è ordinato al suo fine soprannaturale, e
che la sua anima è capace di essere gratuitamente elevata alla
comunione con Dio.
368 La tradizione spirituale della Chiesa
insiste anche sul cuore, nel senso biblico di « profondità
dell'essere » (« in visceribus »: Ger 31,33), dove la persona
si decide o non si decide per Dio.
[-] Teologia ortodossa
Per gli ortodossi, corpo e anima
compongono la persona, e alla fine, corpo e anima verranno
riuniti; quindi, il corpo di un santo condivide la santità
dell'anima del santo.
[-] Teologia protestante
Secondo il teologo protestante Cullmann,
autore di Immortalità dell'anima o risurrezione?, pubblicato
nel 1986,
"lo stato intermedio fra la morte e la
risurrezione del corpo è caratterizzato da un periodo di
sonno, in cui gli addormentati (1Tess.4,13) aspettano la
resurrezione finale".
Cullmann inoltre nel suo libro fa notare
che la dottrina dell'immortalità dell'anima risale al II
secolo e che deriva dalla analoga dottrina ellenica, presa a
prestito dal cristianesimo.
Cullmann in "Immortalità dell’anima o
risurrezione dei morti?" scrive:
“[Esiste] una differenza radicale fra
l’attesa cristiana della risurrezione dei morti e la credenza
greca nell’immortalità dell’anima. . . . Se poi il
cristianesimo successivo ha stabilito, più tardi, un legame
fra le due credenze e se il cristiano medio oggi le confonde
bellamente fra loro, ciò non ci è parsa sufficiente ragione
per tacere su un punto che, con la maggioranza degli esegeti,
consideriamo come la verità . . . Tutta la vita e tutto il
pensiero del Nuovo Testamento [sono] dominati dalla fede nella
risurrezione. . . . L’uomo intero, che era davvero morto, è
richiamato alla vita da un nuovo atto creatore di Dio”.
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