Diagnostic and Statistical Manual of Mental
Disorders
Il Diagnostic and Statistical
Manual of mental disorders («manuale diagnostico e statistico
dei disturbi mentali»), noto anche con l'acronimo DSM, è lo
strumento diagnostico per disturbi mentali più utilizzato da
medici e psichiatri di tutto il mondo. Anche gli assicuratori
sulla salute lo usano per determinare la copertura.
1 Descrizione
2 Struttura
3 Critiche al
DSM
4 Voci
correlate
5
Collegamenti esterni
- Descrizione
Si tratta di
un manuale che raccoglie attualmente più di 370 disturbi
mentali, descrivendoli in base alla prevalenza di determinati
sintomi (per lo più quelli osservabili nel comportamento
dell'individuo, ma non mancano riferimenti alla struttura
dell'Io e della personalità). Data la sua origine scientifica
di natura statistica, è considerato uno degli strumenti più
attendibili per diagnosticare un disturbo mentale, e quindi
ampiamente utilizzato come referente per la scelta di una
determinata terapia, soprattutto quella farmacologica.
La prima
edizione del manuale (DSM-I) risale al 1952, e fu redatto
dall'American Psychiatric Association (APA). Nel corso degli
anni il manuale è stato migliorato ed arricchito con
riferimenti allo sviluppo attuale della ricerca psicologica in
numerosi campi, ma anche con nuove definizioni di disturbi
mentali: la sua ultima edizione, risalente al 1994 (DSM-IV)
classifica un numero di disturbi mentali pari a tre volte
quello della prima edizione.
Vista anche
l'importanza che uno strumento del genere viene ad assumere a
livello di cultura scientifica mondiale, il DSM è oggetto di
numerose critiche, che ne contestano soprattutto gli aspetti
freddamente statistici, che difficilmente possono essere
riscontrabili in un individuo con la sua storia personale.
- Struttura
Il DSM è uno
strumento di diagnosi descrittiva dei disturbi mentali. Il suo
approccio è quello di applicare la relativa stabilità
dell'analisi descrittiva dei sintomi di patologie mediche
all'universo dei disturbi mentali. La sua struttura segue un
sistema multiassiale: divide i disturbi in cinque Assi, così
ripartiti:
ASSE I:
disturbi clinici, caratterizzati dalla proprietà di essere
temporanei o comunque non "strutturali"
ASSE II:
disturbi di personalità e ritardo mentale. Disturbi stabili,
strutturali e difficilmente restituibili ad una condizione "pre-morbosa"
ASSE III:
condizioni mediche generali
ASSE IV:
problemi psicosociali e ambientali
ASSE V:
valutazione globale del funzionamento
Per fare
qualche esempio, il DSM inserisce nell'ASSE I disturbi come
schizofrenia ed altre forme di psicosi, e disturbi altrimenti
noti come nevrosi, che il manuale ha "abolito" dalla sua
nomenclatura. Nell'ASSE II invece sono raccolti disturbi di
personalità come quello borderline o quello paranoide. I
restanti tre assi possono inquadrare sotto aspetti più ampi il
paziente.
Per ciascun
disturbo mentale è effettuata una breve descrizione del
cosiddetto "funzionamento generale", che allude alle strategie
di gestione psichica ed ambientale dell'individuo, a grandi
lineee, ed un elenco di comportamenti sintomatici o stili di
gestione delle emozioni o altri aspetti della vita psichica.
Generalmente il DSM richiede un cut-off, un numero minimo di
sintomi raccolti per poter effettuare una corretta diagnosi.
Ad esempio per il Disturbo Antisociale di Personalità si parla
di un «quadro pervasivo di inosservanza e di violazione dei
diritti degli altri» (APA, 1994) e di «tre (o più)»
caratteristiche elencate, fra cui disonestà, incapacità di
conformarsi alle norme sociali, irritabilità e aggressività.
Di solito il
DSM richiede un periodo minimo di presenza dei sintomi per
poter effettuare una diagnosi (si parla di alcuni mesi). Altri
criteri di esclusione sono l'età di insorgenza del disturbo
(per i disturbi di personalità ad esempio si richiede
l'insorgenza nell'adolescenza) ed una diagnosi differenziale
rispetto a disturbi che potrebbero essere accomunati dagli
stessi sintomi.
- Critiche al
DSM
Il DSM è
stato definito negli anni La Bibbia della Psichiatria, visto
il larghissimo numero di psichiatri, medici e psicologi che lo
utilizzano come principale referente per la propria attività
clinica e di ricerca. Tale strumento è utilizzato quasi
ovunque per effettuare una diagnosi, per scegliere una cura
terapeutica, per costruire questionari, per valutare
l'idoneità ad esercitare di uno psicologo in formazione
(attualmente in Italia è necessario iscriversi all'Albo degli
Psicologi per esercitare la professione, e una delle tre prove
costitutive dell'Esame di Stato prevede la descrizione di un
caso clinico, il più delle volte valutato seguendo i criteri
del DSM).
In questo
modo il DSM è presto diventato il principale punto di
riferimento diagnostico anche nel campo della psicoterapia non
legata alla psichiatria ed alla medicina. I Corsi di Laurea
sono ricchi di riferimenti a questo strumento diagnostico.
Per questo
motivo il DSM è al centro di numerose critiche, dal momento
che non a tutti sembra uno strumento adeguato per valutare la
situazione clinica di una persona. Opinioni difformi da quella
dell'APA criticano la sua struttura rigidamente statistica, in
particolar modo la scelta dei cut-off che porterebbero a
diagnosticare un disturbo mentale ad una persona con tre delle
caratteristiche richieste, allo stesso modo di una persona con
sette di quelle caratteristiche e "a scapito" di chi ne
raccoglie solo due.
Inoltre
l'approccio descrittivo del DSM impedisce di individuare
qualche riferimento alle caratteristiche soggettive del
paziente, agli effetti della sua esperienza, la sua storia
personale. Senza contare che un riferimento acritico ad esso,
non supportato da ulteriori analisi cliniche, sacrificherebbe
inevitabilmente ogni aspetto "psicologico-clinico", nella sua
(ormai rara) accezione di "intervento sul caso".
Altre
critiche riguardano più direttamente la dimensione etica: la
metà degli psichiatri che hanno partecipato alla stesura
dell'ultima edizione del DSM ha avuto rapporti economici (tra
il 1989 e il 2004, con ruoli di ricercatore o consulente) con
società farmaceutiche. Si tratta di tutti gli psichiatri che
hanno curato la sezione sui disturbi dell'umore e sulle
psicosi del manuale, definizioni di disturbi che in quegli
anni si sono accompagnate all'impennata nelle vendite di
farmaci "appropriati". Queste scoperte hanno fatto tornare in
auge il tema delle "malattie finte", disturbi creati ad hoc
(attraverso ad esempio un semplice "accorciamento" del cut-off
per l'inclusione in una diagnosi) negli ultimi anni per
lanciare nuovi farmaci, come il discusso caso del Disturbo
Dell'Attenzione trattato in poco tempo con l'uso di un
eccitante del SNC, il Ritalin
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