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Discutere e testare le inferenze

 

Il metodo di discutere le inferenze è basato sul metodo “scientifico”, in cui le ipotesi sono formulate e quindi sviluppate o disconfermate assicurando le evidenze. In Particolare, il terapista aiuta il paziente a diventare sempre più consapevole delle proprie specifiche distorsioni cognitive (come abbiamo già esposto più sopra) che “colorano” il proprio pensiero automatico inferenziale, e sistematicamente lo aiuta a ridurre tale influenza. La classica “critica” ad una inferenza è: “dov’è la prova concreta di ciò?”. Il testare le inferenze comporta che ciò che la REBT chiama “risk-taking” (correre il rischio) - cioè il paziente lavora gradualmente verso un diretto confronto con il compito temuto così da testare le proprie influenze che in tal modo possono fallire, manifestarsi come errate, essere rigettate, ...(De Silvestri, 1981a). Naturalmente, questo può succedere; Le inferenze, possono o possono no essere vere,  e questo si riflette nella scelta di quale “test”, vale a dire di quale prova e tentativo, usare e quando. Un esempio molto forte di tale procedura è nel metodo di Clark nel trattamento degli attacchi di panico (Clark 1986; Clark et al., 1985, 1991, 1996; Dell’Erba, 1997b): l’inferenza del paziente è che sensazioni come la pulsazione cardiaca o il dolore intercostale sono sicuri indicatori di un infarto imminente; la convinzione alternativa è che i sintomi siano effetti collaterali della iperventilazione; dopo avere valutato il grado di convinzione, il paziente affronta una prova empirica; in tale prova è facile dimostrare al soggetto che i sintomi si verificano solo quando il paziente iperventila, e si bloccano quando egli corregge la respirazione; il paziente allora rivaluta il grado della propria convinzione, e si impegna ad abbandonare le proprie convinzioni infondate.

Questo metodo di discutere e testare può essere usato con un vasto insieme di differenti tipi di inferenze; di una certa importanza sono le valutazioni “Altri-Sé” inferite dal paziente. Alcune volte, il soggetto inferisce valutazioni negative globali da parte degli altri (ad esempio, “la gente mi vede come un completo idiota”), ed egli può usare queste asserzioni come se fosse veramente negativo, senza valore, incapace, inutile, ecc.. La critica focalizza il cuore di una seconda inferenza importante, cioè che il soggetto crede che qualcosa del contenuto della prima inferenza sia vero: “se gli altri credono in un certo modo, allora deve essere vero”.  Ad esempio, in risposta alla domanda “se la gente crede che lei non è OK, allora Lei veramente non è OK?”, il soggetto può rispondere che dato che qualcuno lo crede così allora deve essere vero. Il terapista può rapidamente attaccare criticamente questa inferenza sottostante. Un modo è affermare un assurdo, una inferenza estrema “Altri-Sé”, ad esempio, : “supponiamo che le dico che lei è l’Arcangelo Gabriele, questo vuol dire che lo è veramente?” oppure rivolgendosi a sé stessi “se qualcuno entra e mi dice che sono il diavolo con le corna e le ali, io mi sento davvero il diavolo?”. In questa fase, il soggetto può prendere la questione da un punto di vista intellettuale, e il terapista può procedere dicendo, ad esempio, “supponiamo che io le dica che lei è un completo incapace, come si sentirebbe?”. Questo solitamente innesca una prospettiva emotiva.

Soltanto quando gli altri ci danno stimoli fortemente negativi, ad esempio che qualcuno ci rifiuta, noi possiamo avere paura che tale giudizio negativa sia fondato, in qualche modo. In altre parole, possiamo essere d’accordo con gli altri in quanto noi già pensiamo che tale valutazione sia vera. Il terapista mostra molto accuratamente che dato che noi crediamo di essere “non OK”, attribuiamo questa stessa convinzione anche alle altre persone, alle quali però potrebbe non appartenere.

 

 

 

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