Nei
disturbi d'ansia il difetto di elaborazione dell'informazione,
causa della vulnerabilità e della persistenza dell'ansia
stessa, può essere visto da un lato come una preoccupazione o
“fissazione” relativa al concetto di pericolo e di imprevisto,
dall'altro come una sottovalutazione delle capacità
individuali di far fronte al pericolo e all'imprevisto stesso.
La dominanza del pensiero di pericolosità e imprevedibilità è
alla base del pensiero ansioso, altrettanto evidente che il
cliché di pensiero, che da ora in poi chiameremo -schema-
tendente all'autosvalutazione e alle tematiche di perdita e
irreversibilità è frequente negli stati depressivi.
La sovrastima del pericolo e la sottostima della propria
capacità di fronteggiarlo, riflettono nei disturbi d'ansia
l'attivazione dei cosiddetti - schemi di pericolo -. Da questi
la realtà viene percepita come estremamente pericolosa, e il
proprio sé come estremamente vulnerabile (Beck, 1985).
Una volta attivato lo schema del pericolo, si crea una specie
di circolo vizioso che alimenta e rinforza le manifestazioni
dell'ansia; i sintomi ansiosi, infatti, vengono percepiti essi
stessi come una fonte di minaccia proprio come nei frequenti
casi in cui il paziente si ferma a prestare particolare
attenzione ai propri stati fisici diversi dagli stati
considerati di normalità e benessere e, in questo modo,
alimentando l'idea della reale esistenza di un problema fisico
o psicologico trovando prova di conferme a queste paure,
oltretutto, nei fastidi accusati. L'effetto di questo
meccanismo è inoltre il senso di vulnerabilità che l'individuo
avverte di se stesso e che lo porta a rinforzare lo stato e il
livello d'ansia iniziale.
Convinzioni e assunzioni sono pensieri incondizionati sulla
percezione di sé e del mondo: non sono capace di fare nulla,
non faccio nulla di buono, sbaglierò sempre in ogni cosa che
farò, la mia vita è un disastro, andrà sempre tutto di male in
peggio, ecc.
Specificatamente nei disturbi d'ansia sono quelle credenze che
riguardano il proprio stato, la propria capacità di
fronteggiare la crisi ansiosa, l'opinione che gli altri
possono costruirsi di noi nell'osservarci durante un attacco
d'ansia: <<mi batte forte il cuore, mi irrigidisco tutto e non
riesco a parlare perché mi sento come paralizzato... non
riuscirò a reagire a questo stato cosicché tutti se ne
accorgeranno e penseranno che sono stupido, pazzo, malato...
Davanti a tutto questo io non posso fare nulla>>!
In psicologia cognitiva tutti questi pensieri sono chiamati -
pensieri automatici negativi- (NAT: Negative Automatic
Thoughts). Ogni tipo di disturbo d'ansia è regolato da propri
tipi di pensieri automatici, la differenza, ovviamente, è nei
suoi contenuti. Il avoro principale da fare è quello di
riconoscerli; questa disamina ci permette di conoscere
caratteristiche preziose sui nostri pensieri relativi al
nostro disturbo ed al nostro modo di sentirlo. Chiedersi
principalmente di descrivere minuziosamente i fatti per come
si sono svolti: cosa è successo? In che situazione?
Tra le domande più efficaci per comprendere molto sul nostro
stile di pensiero ci sono:<<Qual'è la più brutta conseguenza
che potrei subire se mi sentissi male? cosa mi potrebbe
accadere? ...cosa temo?>> Dalle risposte a queste domande
possiamo accorgerci della eventuale presenza di pensieri
negativi e comprendere in che modo vengono orientate le nostre
paure. Un'analisi di questi contenuti possono portare allo
scoperto paure molto più grandi di quelle che si potrebbero
attendere dai fatti reali. Solitamente è una visione
catastrofica o assolutistica che disturba il nostro umore,
solitamente il nostro voler vedere nel futuro immaginando
(spesso molto fantasiosamente) cosa ci succederà... una sorta
di divinazione che, ahimé, molto spesso è molto distante dalle
reali conseguenze, ma per i suoi contenuti, già basta ad
attivare il nostro sistema nervoso per farne "immotivatamente"
fronte... far fronte a qualcosa che, si teme, ma che in realtà
non c'è... quel guaio, quel problema che è più nella mente,
che nella realtà.
I fatti della vita reale è come se fossero filtrati da noi
prima di essere "compresi" ed elaborati per prenderne atto ed
attivare una risposta (sia essa emotiva, o comportamentale).
Dicendo questo possiamo ora un po' meglio capire come
"funzionano" quelle persone che definiamo "ottimiste": quelle
persone che pensano sempre in "positivo", quelle persone
capaci di immaginare sempre soluzioni ai loro problemi, e
come, invece, "funzionano" quelle persone che consideriamo
"pessimiste": quelle persone che tendono a drammatizzare su
ogni problema, quelle persone che tendono ad ingigantire le
situazioni sfavorevoli cogliendone soltanto gli aspetti
negativi.
Tra i fatti reali e le nostre emozioni ci sono sempre i nostri
pensieri.
Un pensiero, o meglio, un modello, uno schema personale di
pensiero è un filtro capace di orientare i nostri stati
d'animo.
Da quali "filtri" di lettura può passare quello che ci accade
e la realtà prima di arrivare a coscienza? Alcuni esempi sono
i seguenti:
Un primo "filtro" è quello del pensiero dicotomico il quale
funziona più o meno in questo modo: o tutto bianco, o tutto
nero; o un accaduto risulta completamente come lo vorremmo,
oppure non riusciamo a godere dei risultati ottenuti... : <<o
riesco ad ottenere il massimo dei voti, altrimenti, se così
non fosse, sarebbe la dimostrazione che sono un/una
incapace>>! Il soggetto difficilmente riesce ad accettare
situazioni diverse da quelle immaginate. Ogni differenza da
ciò che precedentemente era stato immaginato viene vista come
un fallimento personale.
Un secondo esempio è quello
1. dell'ipergeneralizzazione che consiste in quel
caratteristico modo di riportare un singolo evento a regole
generali di funzionamento. <<Non sono simpatico a Tizio, ciò
significa che sono una persona antipatica>>!
2. L'Astrazione selettiva è una modalità di "fare attenzione"
a particolari elementi della realtà esterna trascurandone
altri. Questa modalità è spesso evidente in persone che hanno
già una loro interpretazione e visione del mondo, e che con
tale maniera di selezione cercano di portare prove a sé e agli
altri sulla validità della propria "teoria".
3. Squalificare il lato positivo è spesso altra caratteristica
presente nei modelli di pensiero dei diversi disturbi d'ansia.
4. Astrazione selettiva: anche qui, negando l'evidenza
contraria, tale modello di pensiero è finalizzato a confermare
regole di funzionamento già precostituiti di sé e del mondo.
5. La lettura del pensiero così detta, si ha ogni volta che
diciamo: <<so che pensa che... so che stanno pensando che...
penseranno che>>. Tale filtro è sempre presente nel disturbo
d'ansia sociale, infatti alla base delle cause di rinforzo del
disturbo stesso c'è l'idea personale del giudizio negativo
degli altri, tale giudizio è nella maggio parte dei casi
derivante soltanto da questa "lettura del pensiero". Lo schema
di pensiero con cui può essere rappresentato un sociofobico e
su cui si instaura e alimenta il disturbo è: <<gli altri
penseranno che... a questo punto io mi sento male... quindi,
questa è la prova che ho ragione a dire che gli altri pensano
di me che... pensano che io sia... (si ricordi che i
sociofobici sono sempre soggetti facili a risentirsi del
giudizio altrui).
6. Il ragionamento emotivo può essere osservato nell'esempio
precedentemente presentato: <<se io mi sento male, allora è
vero che... >>. O ancora: << se io mi sento triste, allora la
situazione è veramente disperata>>. Chi tiene un modello di
ragionamento emotivo filtra la realtà secondo i propri stati
d'animo e le proprie emozioni, attenendosi poco alla realtà
oggettiva (scrivo -oggettiva- per differenziarla dalla realtà
psichica... quella verità che è dentro di me e che non è
osservabile, riscontrabile "fuori"... è ciò che è vero per
me!) Nel ragionamento emotivo le emozioni provate dal paziente
sono l'unico giudice attendibile per valutare "il colore" di
quello che ci succede. Un po' come dire, giustamente, che "il
bello e il cattivo tempo" viene fatto dal - nostro modo “di
vedere le cose".
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