STORIA DELLA PSICOANALISI
INDICE
1 1895: la rivoluzione psicoanalitica
2 La preistoria della psicoanalisi
2.1 L'ipnosi
2.2 Le libere associazioni d'idee
3 Il metodo psicoanalitico: la verità
del linguaggio del sogno come scienza
3.1 La nascita della psicoanalisi
3.2 Gli inizi del movimento
psicoanalitico
3.2.1 La prima cellula
psicoanalitica: il circolo di Freud
3.2.2 La Società Psicoanalitica di
Vienna
4 La psicoanalisi esce dal ghetto:
Carl Gustav Jung
4.1 L'incontro di Jung con il
"diavolo" sulla via della psicoanalisi
4.2 Jung paladino della psicoanalisi
di Freud costi quel che costi
4.3 L'investitura di Jung a
"Principe" della psicoanalisi
5 Transfert e psicoanalisi: storie
d'amore sull'altare della psicoanalisi
5.1 "Anna O." — una storia d'amore
con il dottor Breuer alla radice della nuova scienza
5.2 Innamorata del dottor Jung:
Sabine Spielrein
6 L'opposizione alla psicoanalisi in
Europa
7 La psicoanalisi sbarca negli Stati
Uniti
8 L'internazionale della psicoanalisi
9 Alfred Adler: il primo dissidente
10 Carl Gustav Jung: il tradimento
del delfino
10.1 Alle radici del dissidio
Freud-Jung: l'interpretazione dell'incesto e della vicenda
edipica
10.2 Un ponte tra psicoanalisi e
scienza fisica: il concetto in Jung della libido come energia
10.3 Pregiudizi sul significato della
sessualità nella teoria psicoanalitica di Jung
10.4 Precisazioni di Freud sul
carattere sessuale della libido
10.5 Jung e la sua grande paura di un
naufragio nella psicosi
10.6 Diffusione della psicoanalisi
junghiana a livello mondiale
11 La psicoanalisi esistenziale
12 La società psicoanalitica tedesca
13 Georg Groddeck lo "psicoanalista
selvaggio"
14 Altri dissidenti
14.1 La causa psicoanalitica e i suoi
caduti
15 La prima cattedra universitaria di
psicoanalisi
16 La psicoanalisi arriva in Italia
16.1 Trieste capitale italiana della
psicoanalisi
16.2 Psicoanalisi e letteratura
italiana
16.3 La psicoanalisi di orientamento
junghiano a Roma
16.4 Sviluppi della psicoanalisi di
orientamento junghiano dopo Bernhard
16.5 L'inconscio universale e
l'intersoggettività oltre il tabù dell'incesto
17 Il movimento psicoanalitico
francese
18 Gli inizi dell'intrecciarsi di
psicoanalisi e politica
18.1 Wilhelm Reich
18.2 Le conseguenze dell'avvento di
Hitler al potere
19 Londra nuova capitale della
psicoanalisi
19.1 Anna Freud e la psicologia
dell'Io
19.2 Melanie Klein e la psicoanalisi
delle relazioni oggettuali
19.3 Anna Freud, Melanie Klein e gli
Indipendenti: un confronto interno alla psicoanalisi freudiana
20 Wilfred Bion: dalla psicoanalisi
kleiniana alla psicoanalisi di gruppo
21 Diffusione della psicoanalisi in
America
22 La condanna della psicoanalisi da
parte del Vaticano
23 La fortuna della psicoanalisi
dell'Io in America
24 Lacan o il trionfo della
psicoanalisi in Francia
24.1 Il programma lacaniano del
"ritorno a Freud"
25 La psicologia del Sé
26 La psicoanalisi femminista
27 La psicoanalisi interpersonale
28 La psicoanalisi intersoggettiva
29 Conclusioni
29.1 La storia della psicoanalisi dal
punto di vista della sola teoria
29.1.1 Da una psicologia pulsionale
ad una psicologia relazionale
29.2 Situazione attuale della
psicoanalisi o l'avvenire di una scienza
29.2.1 Dal contenuto rimosso al
soggetto rimovente
29.2.2 Non è che l'inizio...
30 Cronologia
31 Bibliografia
31.1 Bibliografia storica
31.2 Bibliografia sulla vita di
esponenti del movimento psicoanalitico
31.3 Bibliografia generale
31.4 Il caso Spielrein
32 Filmografia
33 Voci correlate
34 Collegamenti esterni
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In storia della psicoanalisi si
raccoglie il racconto storico di quel vasto movimento di
pensiero che ha fatto il suo esordio all'alba del Novecento e
ha avuto nel lavoro del medico viennese Sigmund Freud il punto
di partenza.
Se agli inizi questo movimento
sembrava costituire una rivoluzione nell'ambito della sola
psichiatria, ben presto ci si ricredette sulla portata
dell'influenza ch'esso avrebbe esercitato. Ci si dovette
ricredere soprattutto di quanto la psicoanalisi andava
smentendo con il suo impegno metodico e quotidiano: delle
impressioni di moda passeggera, legate alla nuova scienza
psicoanalitica nascente. Il vecchio secolo è passato, molte
idee legate al Novecento hanno perso molto del loro iniziale
seguito o sono pressoché scomparse, ma la psicoanalisi è
ancora qui, trasformata dal suo stesso lavoro, e forse,
proprio per questo, più viva che mai.
-1895: la
rivoluzione psicoanalitica
Con il termine di "terza
rivoluzione" Freud intendeva riferirsi al cambiamento da lui
avviato con la formulazione del concetto di "inconscio" quale
elemento fondante la struttura psichica dell'uomo e quale
movente essenziale del suo comportamento.
Parlando di "terza rivoluzione"
intendeva alludere alle altre due umiliazioni culturali che
l'identità egoica dell'uomo aveva dovuto subire, ad opera di
Copernico prima, e quella più recente e non ancora digerita da
parte di Darwin.
Tutto ebbe inizio nel 1895. In
quell'anno di svolta nella storia del pensiero e dell'umanità,
due medici viennesi specializzati in neurologia, il dottor
Sigmund Freud e il dottor Josef Breuer pubblicarono gli "Studi
sull'isteria".
Come tutti sanno ormai, in
natura nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si
trasforma; così anche la psicoanalisi non nasce dal nulla, ma
ha anch'essa una sua preistoria nella quale un movimento lento
del pensiero prepara impercettibilmente le basi per la
nascita, quando tutto è pronto, di questa nuova scienza.
-La preistoria della
psicoanalisi
Se volessimo ricercare le
radici della psicoanalisi, bisognerebbe risalire al medico
tedesco Franz Mesmer (1734 - 1815) e alla sua teoria del
magnetismo; alla relativa applicazione concreta nell'ipnotismo
e nella suggestione ipnotica e all'evoluzione susseguente
della sua metodica ad opera del mesmerismo. Si tenga anche
presente l'influenza sul suo pensiero delle elaborazioni di
un'altro medico e alchimista svizzero, di cui proprio Mesmer
al tempo era tra i più esperti conoscitori, Paracelso (1493 -
1541), a cui si deve la teoria della simmetria tra microcosmo
e macrocosmo.
-La prima cellula
psicoanalitica: il circolo di Freud
Sigmund Freud
Tuttavia fu a partire dal 1902,
e per alcuni anni a seguire, che Freud cominciò a prendere
l'abitudine di organizzare degli incontri a casa sua con un
gruppo di medici che, venuti a conoscenza delle sue
elaborazioni teoriche, manifestavano il loro interesse per la
psicoanalisi.
Tra questi psicoanalisti della
prima ora, che costituirono la prima cellula psicoanalitica
cui diedero nome "Circolo di Freud", vi erano in particolare
Alfred Adler (1870-1937) e Wilhelm Stekel (1868-1940).
-La Società Psicoanalitica di
Vienna
Siccome questi incontri di
norma si tenevano tutti i mercoledì sera, presero il nome di
"riunioni del mercoledì sera", e continuarono sino alla
costituzione nel 1907 a Vienna della prima Societa
psicoanalitica ufficiale, che ebbe Freud come primo
presidente. In seguito aderirono anche Federn e psicologi non
medici, tra cui Victor Tausk, H. Sachs, H. Silberer.
I primi aderenti stranieri che
furono invitati dalla Società furono Carl Gustav Jung e Ludwig
Binswanger, due psichiatri allora sconosciuti del prestigioso
manicomio della città di Zurigo in Svizzera, Karl Abraham
dalla Germania, che temporaneamente lavorava nello stesso
istituto psichiatrico dei suoi colleghi Jung e Binswanger,
H.A.Brill dagli Stati Uniti ed Ernest Jones dall'Inghilterra.
-La psicoanalisi esce dal
ghetto: Carl Gustav Jung
Per approfondire, vedi la voce
Carl Gustav Jung.
Come molti studiosi della
storia di questo movimento sostengono, l'arrivo di questo
psichiatra, proveniente da uno dei più prestigiosi istituti
psichiatrici, quello di Zurigo, è stato decisivo; decisivo non
soltanto per un rilancio della psicoanalisi a livello teorico,
ma anche a livello organizzativo e come movimento in
espansione.
Ciò accadde nel 1906 quando il
dottor Jung, dopo aver letto i saggi di Freud sui sogni, il
metodo associativo, la sua certezza dell'eziologia sessuale
delle nevrosi, intraprese dapprima una corrispondenza con il
neurologo di Vienna e quindi lo incontrarò personalmente.
|
Dell'amicizia tra i due
psicologi del profondo, di cui tanto si è parlato esasperando
ora uno ora l'altro aspetto del loro dissidio seguente, rimane
come documentazione il carteggio tra loro intercorso dal 1906
sino al 1913, anno della rottura.
-L'incontro di Jung con il
"diavolo" sulla via della psicoanalisi
In quel momento dello sviluppo
del pensiero psicoanalitico, Freud subiva un forte ostracismo
a oltranza negli ambienti accademici che, pur conoscendolo,
non pronunciavano nemmeno il suo nome in pubblico. Nello
stesso tempo il dottor Jung, quale psichiatra impegnato
soprattutto sul fronte della cura della schizofrenia e non
delle semplici nevrosi, aveva progettato per sé proprio una
carriera accademica. Che fare?
Ecco che in questa storia della
psicoanalisi interviene il diavolo come protagonista, come in
ogni storia significativa del resto, a suggerire al vero Jung
la soluzione al problema:
«Una volta, mentre ero nel mio
laboratorio e riflettevo su questi problemi, il diavolo mi
suggerì che sarei stato giustificato se avessi pubblicato i
risultati dei miei esperimenti e le mie conclusioni senza
citare Freud. [...] Ma allora sentii la voce della mia seconda
personalità: "Se fai una cosa simile, come se non conoscessi
Freud, è un imbroglio. Non si può fondare la propria vita su
una menzogna."»
(Ricordi, sogni, riflessioni -
Carl Gustav Jung)
-Jung paladino della
psicoanalisi di Freud costi quel che costi
«Con ciò la questione fu
risolta: da allora in poi presi apertamente partito per Freud
e lottai per lui.»
(Ricordi, sogni, riflessioni -
Carl Gustav Jung)
Siccome un conferenziere, in un
congresso medico tenutosi a Monaco proprio in quei giorni,
parlava di nevrosi ossessive evitando deliberatamente di
citare il nome di Freud, Jung prese immediatamente
l'iniziativa di scrivere un saggio per una rivista medica
deplorando il fatto accaduto al congresso ed esponendo la
nuova concezione delle nevrosi scaturita dal lavoro di Freud.
Appena pubblicato l'articolo di
Jung sulla rivista, allo stesso giunse una lettera di
avvertimento di due professori tedeschi, in cui gli
comunicavano "che se avessi continuato a stare dalla parte di
Freud e a prenderne le difese, avrei rovinato la mia carriera
accademica. Risposi: «Se ciò che Freud dice è la verità, sto
con lui. Non m'importa nulla della carriera, se questa deve
fondarsi su una limitazione delle ricerche e sull'occultamento
della verità». E continuai a difendere Freud e le sue idee."
(Ricordi, sogni, riflessioni, 1961, Carl Gustav Jung)
STORIA DELLA PSICOANALISI
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STORIA DELLA PSICOLOGIA
INDICE
1 I precursori. Dalla Filosofia...
1.1 Nascita del termine psicologia
1.2 L'empirismo inglese: Jhon Locke
2 ...alla nascita della psicologia scientifica. La Psicologia
sul finire del secolo XIX
2.1 Charles Darwin
2.2 Franciscus Donders
2.3 Gustav Theodor Fechner
2.4 Ernst Weber
2.5 Wilhelm Wundt
2.6 Hermann Ebbinghaus
2.7 La Scuola di Wurzburg
2.8 Franz Brentano
3 La Psicologia nella prima metà del '900
3.1 La Psicologia nel nord-America
3.1.1 Lo strutturalismo
3.1.2 Il funzionalismo
3.1.3 Il comportamentismo
3.2 La scuola sovietica
3.2.1 La riflessologia
3.2.2 La Scuola storico-culturale
3.3 La psicologia in Europa
3.3.1 La psicologia della Gestalt
3.3.2 La psicologia dinamica
3.3.2.1 Sigmund Freud e la psicoanalisi
3.3.2.2 Carl Gustav Jung e la psicologia analitica
3.3.2.3 Alfred Adler e la psicologia individuale comparata
4 La psicologia tra gli anni '40 e gli anni '70 del Novecento.
Dalla psiche alla mente
4.1 Il neocomportamentismo
4.2 La psicologia sociale
4.2.1 La fine dell'utopia comportamentista
4.2.2 La social cognition
4.3 Il cognitivismo
4.3.1 Watzlawick e la psicologia sistemica
4.3.2 Il cognitivismo HIP: Human Information Processing
4.3.3 Il cognitivismo realista
4.3.4 La scienza cognitiva
4.3.4.1 Gardner
4.4 Il costruttivismo
5 La psicologia sul finire del secolo XX
5.1 Lev Vygotskij in occidente: la riscoperta
5.2 La psicologia fisiologica, la psicofisiologia e la
neuropsicologia
6 Note
7 Bibliografia
8 Voci correlate
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STORIA DELLA PSICOLOGIA |
Tra la fine
del XIX secolo e l'inizio del XX secolo, Ivan Petrovic Pavlov
(1849-1936), insegnante all'accademia militare di Pietroburgo,
si dedicava a ricerche sui riflessi nervosi. A Pavlov non
andava molto a genio la psicologia, perché secondo lui era
basata su discorsi fumosi e poco rigorosi.
Egli
cominciò a studiare il condizionamento classico, ovvero una
forma semplice di apprendimento. Il condizionamento classico
si distingue da quello operativo, utilizzato dagli americani.
Per Pavlov un individuo per imparare deve essere ricompensato
e punito. Per i suoi esperimenti egli utilizzava dei cani,
esponendoli a stimoli, a cui essi avrebbero dovuto rispondere
attraverso la salivazione. Egli deviava la saliva dall’interno
per farla affluire in appositi contenitori. Tramite fistole
salivari creava un contatto del cavo orale con l’esterno. Essi
venivano messi in delle apposite torri del silenzio.
Attraverso chirografi, Pavlov registrava la quantità di saliva
prodotta in ogni momento. Se si metteva del cibo in bocca al
cane, esso rispondeva con la salivazione, mentre il chirografo
incrementava la quantità di saliva. Fin qui tutto è normale e
non vi è nulla di strano, perciò viene chiamato riflesso
incondizionato o assoluto; questo avviene quando uno stimolo
proveniente dall’esterno causa una reazione all’interno di un
organismo. Pavlov notò che i cani salivavano anche quando
sentivano i passi del cameriere che arrivava per dar loro il
cibo. Nel momento in cui sentiva i passi avvicinarsi, il cane
immaginava il momento in cui avrebbe avuto il cibo in bocca,
si aveva una salivazione psichica.
Il riflesso
condizionato, era invece quel riflesso che dipendeva dalla
situazione. Grazie al condizionamento classico, le risposte
degli individui possono essere determinate anche da alcuni
stimoli che non sono importanti. Pavlov associò il cibo ad
altri stimoli come un campanello o delle luci. Il cane si
adattava all’ambiente del laboratorio poiché ad alcuni stimoli
come il campanello, dopo la salivazione veniva dato il cibo al
cane. Pavlov studiò tutte le risposte condizionate e gli
stimoli. Così vennero fissati i principi del condizionamento
classico, che ottiene una risposta nota da un nuovo stimolo.
|
•
Prologo ai disturbi d'ansia
•
I diversi disturbi d'ansia
•
Le singole diagnosi per i disturbi
d'ansia
•
I criteri diagnostici per riconoscere il
disturbo d'ansia generalizzata
•
Il momento della diagnosi
•
Intervenire sull'ansia
•
La risposta neurofisiologica agli eventi
stressanti
•
Nuove prospettive circa la base
anatomica e neurochimica dell'ansia
•
Le alterazioni dei neurotrasmettitori
I farmaci solitamente usati per
curare i pazienti con disturbi d'ansia sono le benzodiazepine,
gli antidepressivi e il nuovo composto buspirone.
Le Benzodiazepine: Sono una grande categoria di farmaci
relativamente sicuri che hanno effetti contro i sintomi
d'ansia e sedativo-ipnotico abbastanza veloci ed efficaci. Le
benzodiazepine agiscono sul neurotrasmettitore che utilizza
GABA. Le benzodiazepine attualmente più prescritte sono
quattro: diazepam, lorazepam, clonazepam ed alprazolam.
Ciascuno ora è disponibile nelle formulazioni generiche. Fra
questi agenti, alprazolam e lorazepam hanno una durata di
efficacia minore e sono rimossi più velocemente. Il clonazepam
ha, invece, un periodo d'azione più lungo: fino a 24 ore. Il
diazepam ha inoltre metaboliti attivi multipli aumentando così
il rischio di effetti di sedazione. Le benzodaiazepine sono,
tra i farmaci noti, anche quelli più inoffensivi tuttavia la
loro capacità di creare dipendenza, sebbene in misura minore
rispetto a quella dei barbiturici, è una caratteristica
negativa del farmaco.
Un utilizzo continuo di questo farmaco può far comparire un
certo grado di dipendenza e sintomi di astinenza se
l'assunzione viene interrotta completamente in modo
improvviso.
Si ricordi che, probabilmente a causa dei loro effetti
sedativi, potenziano fortemente gli effetti depressivi
dell'alcol e dei barbiturici. Importante è sapere, inoltre,
che pericolosa può essere l'assunzione contemporanea di una
benzodiazepina con un barbiturico o con dosi di sostanze
alcoliche.
Aspetto molto importante è che le benzodiazepine rimangono
comunque tra i farmaci più inoffensivi e che, a differenza dei
barbiturici, difficilmente si riesce ad assumere una dose
letale. Prove di laboratorio su ratti, scimmie e gatti hanno
dimostrato che assunzioni di benzodiazepine anche mille volte
superiori a quelle neccessarie per procurare uno stato di
rilassamento fisico e mentale non provocavano assolutamente la
morte dell'animale.
Nel 1975 si registrò che negli Stati Uniti ben il 15% della
popolazione faceva uso di benzodiapine. A quell'epoca
l'ansiolitico commercializzato sotto il nome di -Valium- era
il farmaco più venduto in tutto il mondo. Purtroppo gli
effetti sedativi delle benzodiazepine e degli ansiolitici in
genere capaci di ridare una certa tranquillità agli stati di
apprensività ed
ansia fanno si che in molti ne facciano un uso
inappropriato credendo di poter avallare al farmaco la
soluzione dei loro problemi. Frank Berger a questo proposito
scriveva :<<Le benzodiazepine sono largamente prescritte solo
per facilitare i problemi della normale esistenza. Possono
essere efficaci per questo scopo (solo) nella misura in cui
appannano la sensibilità agli impatti, ai fastidi e alle
frustrazioni della vita di ogni giorno. Quando sono utilizzate
in questo modo lo sono, lo sono... non come ansiolitici. Credo
difficile credere che la... fiducia in se stessi, necessaria
per affrontare i propri problemi, possa essere acquisita
ingerendo un farmaco>>. |
DISTURBO D'ANSIA
GENERALIZZATA
La caratteristica essenziale del
Disturbo d’Ansia Generalizzato è la presenza di ansia e
preoccupazione (attesa apprensiva) eccessive, che si
manifestano per la maggior parte del tempo per almeno 6 mesi,
nei riguardi di una quantità di eventi o attività (Criterio
A). L’individuo ha difficoltà a controllare la preoccupazione
(Criterio B). L’ansia e la preoccupazione sono accompagnate da
almeno tre sintomi addizionali da un elenco che include
irrequietezza, facile affaticabilità, difficoltà a
concentrarsi, irritabilità, tensione muscolare e sonno
disturbato (nei bambini è richiesto un solo sintomo
addizionale) (Criterio C). L’oggetto dell’ansia e della
preoccupazione non è limitato alle manifestazioni di un altro
disturbo in Asse I, come avere un Attacco di Panico (come nel
Disturbo di Panico, Senza
Agorafobia e Con
Agorafobia),
rimanere imbarazzati in pubblico (come nella Fobia Sociale),
essere contaminati (come nel Disturbo
Ossessivo-Compulsivo),
essere lontani da casa o dai familiari più stretti (come nel
Disturbo d’Ansia di Separazione), aumentare di peso (come
nell’Anoressia Nervosa), lamentele fisiche multiple (come nel
Disturbo di Somatizzazione) o avere una grave malattia (come
nell’Ipocondria), e l’ansia e la preoccupazione non si
manifestano esclusivamente durante il Disturbo Post-traumatico
da Stress (Criterio D). Sebbene non sempre gli individui con
Disturbo d’Ansia Generalizzato possano riconoscere le
preoccupazioni come “eccessive”, essi riferiscono un disagio
soggettivo dovuto alla preoccupazione costante, hanno
difficoltà a controllare la preoccupazione o presentano una
conseguente compromissione del funzionamento sociale,
lavorativo o di altre aree importanti (Criterio E). Il
disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una
sostanza (cioè una droga di abuso, un farmaco, o l’esposizione
ad una tossina) o di una condizione medica generale e non si
manifesta esclusivamente durante un Disturbo dell’Umore, un
Disturbo Psicotico o un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo
(Criterio F).
L’intensità, la durata o la frequenza dell’ansia e della
preoccupazione sono eccessive rispetto alla reale probabilità
o impatto dell’evento temuto. La persona trova difficile
impedire che i pensieri preoccupanti interferiscano con
l’attenzione ai compiti che sta svolgendo e difficoltà ad
interrompere la preoccupazione. Gli adulti con Disturbo
d’Ansia Generalizzato spesso si preoccupano per circostanze
quotidiane, abitudinarie, come responsabilità lavorative,
problemi economici, salute dei familiari, disgrazie per i
propri figli o piccole cose (come faccende domestiche,
riparazioni all’automobile, far tardi agli appuntamenti). I
bambini con Disturbo d’Ansia Generalizzato tendono a
preoccuparsi eccessivamente per le proprie capacità o per la
qualità delle proprie prestazioni. Durante il corso del
disturbo, il centro della preoccupazione può spostarsi da un
oggetto ad un altro.
D.S.M IV TR, Ed. Masson
2000
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Farmacoterapia
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Ansia e carattere
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"Xanax", ansiolitici e altri affanni
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Ansia dalla prospettiva psicologica
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Interventi per l'ansia
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Teoria cognitiva dell'ansia
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Epilogo
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Bibliografia
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DEPRESSIONE
La caratteristica essenziale di
un Episodio Depressivo Maggiore è un periodo di almeno 2
settimane durante il quale è presente depressione dell’umore o
perdita di interesse o di piacere per quasi tutte le attività.
Nei bambini e negli adolescenti l’umore può essere irritabile
anziché triste. L’individuo deve anche presentare almeno altri
quattro sintomi di una lista che includa alterazioni
dell’appetito o del peso, del sonno e dell’attività
psicomotoria; ridotta energia; sentimenti di svalutazione o di
colpa; difficoltà a pensare, concentrarsi o prendere
decisioni; oppure ricorrenti pensieri di morte o ideazione
suicidaria, pianificazione o tentativi di suicidio. Un
sintomo, per condurre ad una diagnosi di Episodio Depressivo
Maggiore, deve essere di nuova comparsa o nettamente
peggiorato rispetto allo stato premorboso del soggetto. I
sintomi devono persistere per la maggior parte del giorno,
quasi ogni giorno, per almeno 2 settimane consecutive.
L’episodio deve essere accompagnato da disagio o menomazione
sociale, lavorativa, o di altre aree importanti del
funzionamento, clinicamente significativi. Per alcuni
individui, con episodi più lievi, il funzionamento può
apparire normale, ma richiede uno sforzo marcatamente
superiore.
L’umore in un Episodio Depressivo Maggiore viene spesso
descritto dall’individuo come depresso, triste, senza
speranza, scoraggiato o “giù di corda” (Criterio A). In alcuni
casi la tristezza può essere inizialmente negata, ma in
seguito si può far emergere durante il colloquio (per es.,
sottolineando che l’individuo sembra in procinto di piangere).
In alcuni individui che lamentano di sentirsi “spenti”, di non
avere sentimenti, o di sentirsi ansiosi, la presenza
dell’umore depresso può essere dedotta dalla mimica e dal
comportamento. Alcuni individui enfatizzano lamentele
somatiche (per es., algie e dolori) piuttosto che riferire
sentimenti di tristezza. Molti soggetti riferiscono o
dimostrano un aumento dell’irritabilità (per es., rabbia
persistente, una tendenza a rispondere agli eventi con scoppi
di ira o a prendersela con gli altri, un esagerato senso di
frustrazione di fronte a cose di poco conto). Nei bambini o
negli adolescenti si può manifestare un umore irritabile o
instabile piuttosto che triste o abbattuto. Questo quadro
dovrebbe essere distinto dall’irritabilità di un bambino
“viziato” quando viene frustrato.
La perdita di interesse o di piacere è quasi sempre presente,
almeno in qualche misura. Gli individui possono riferire di
sentirsi meno interessati agli hobby, di “non tenere a
niente”, o di non provare divertimento in attività
precedentemente considerate come piacevoli (Criterio A2). I
familiari spesso notano il ritiro sociale o il rifiuto di
occupazioni piacevoli (per es., un accanito giocatore di golf
non gioca più, un bambino appassionato di calcio trova scuse
per non praticarlo). In alcuni individui si riducono
significativamente i livelli precedenti di interesse o di
desiderio sessuale.
L’appetito è di solito ridotto, e molti individui sentono di
doversi sforzare di mangiare. Altri, in particolare in
ambiente ambulatoriale, possono avere un appetito aumentato o
ricercare cibi particolari (per es., dolci o altri
carboidrati). Quando le alterazioni dell’appetito sono gravi
(in qualunque direzione) vi può essere una perdita o un
aumento di peso significativi, oppure, nei bambini, si può
notare l’incapacità di raggiungere il peso previsto (Criterio
A3).
L’insonnia è il disturbo del sonno più comunemente associato
con l’Episodio Depressivo Maggiore (Criterio A4). Gli
individui presentano tipicamente insonnia centrale (risvegli
durante la notte con difficoltà a riprendere sonno), o
insonnia terminale (risveglio precoce con incapacità di
riprendere sonno). Si può anche verificare insonnia iniziale
(difficoltà nell’addormentamento). Meno frequentemente gli
individui presentano un eccesso di sonno (ipersonnia), sotto
forma di prolungamento del sonno notturno o di aumento del
sonno durante il giorno. Talvolta il disturbo del sonno
rappresenta il motivo per cui gli individui richiedono il
trattamento.
Le alterazioni psicomotorie includono agitazione (per es.,
incapacità di stare seduti, passeggiare avanti e indietro,
stropicciarsi le mani; oppure tirarsi o sfregarsi la pelle, i
vestiti, o altri oggetti), oppure rallentamento (per es.,
eloquio, pensiero e movimenti del corpo rallentati; aumento
delle pause prima di rispondere; eloquio caratterizzato da
riduzione in volume, inflessioni, quantità, o varietà di
contenuti, o mutacismo) (Criterio A5). L’agitazione o il
ritardo psicomotorio devono essere abbastanza gravi da poter
essere osservati da parte di altri, e non rappresentare
semplicemente una sensazione soggettiva.
Sono comuni riduzione dell’energia, astenia, faticabilità
(Criterio A6). Il soggetto può riferire una continua
stanchezza in mancanza di attività fisica. Anche i più piccoli
compiti sembrano richiedere uno sforzo considerevole. Può
essere ridotta l’efficienza nello svolgimento dei compiti. Ad
esempio un individuo può lamentarsi del fatto che lavarsi e
vestirsi al mattino sia faticoso e richieda un tempo doppio
rispetto al solito.
Il senso di svalutazione o di colpa associato ad un Episodio
Depressivo Maggiore può includere valutazioni negative
irrealistiche del proprio valore o preoccupazioni di colpa, o
ruminazioni su piccoli errori passati (Criterio A7). Tali
individui spesso interpretano eventi quotidiani neutri o
insignificanti come riprova di difetti personali e provano un
esagerato senso di responsabilità riguardo ad eventi
sfavorevoli. Ad esempio, un agente immobiliare può
rimproverarsi di non riuscire a vendere anche quando ci sia
stato un crollo generale del mercato e gli altri agenti
immobiliari siano altrettanto incapaci di vendere. Il senso di
svalutazione o di colpa può assumere proporzioni deliranti
(per es., un individuo convinto di essere personalmente
responsabile della povertà nel mondo). Il rimproverarsi di
essere malati e di non riuscire ad assumersi responsabilità
lavorative o interpersonali come conseguenza della depressione
è molto comune e, se non delirante, non è considerato
sufficiente a soddisfare questo criterio.
Molti individui riferiscono una compromissione della capacità
di pensare, concentrarsi o prendere decisioni (Criterio A8).
Possono apparire facilmente distraibili o lamentarsi di
disturbi mnesici. Coloro che hanno compiti accademici o
lavorativi che richiedono un impegno intellettivo sono spesso
incapaci di funzionare in modo adeguato anche se hanno lievi
problemi di concentrazione (per es., un programmatore di
computer che non riesce più a svolgere compiti complessi ma
precedentemente gestibili). Nei bambini una precipitosa
riduzione dei voti può riflettere una scarsa concentrazione.
Negli anziani con un Episodio Depressivo Maggiore, i disturbi
della memoria possono rappresentare la lamentela principale e
possono essere erroneamente interpretati come segni iniziali
di demenza (“pseudodemenza”). Quando l’Episodio Depressivo
Maggiore viene trattato con successo, i disturbi della memoria
spesso scompaiono completamente. Comunque, in alcuni
individui, particolarmente persone anziane, un Episodio
Depressivo Maggiore può rappresentare la manifestazione
iniziale di una demenza irreversibile.
Possono essere presenti frequentemente pensieri di morte,
ideazione suicidaria o tentativi di suicidio (Criterio A9).
Questi pensieri variano dalla convinzione che gli altri
starebbero meglio se la persona fosse morta, a pensieri
transitori, ma ricorrenti di suicidarsi, a piani effettivi
specifici per compiere il suicidio. La frequenza, l’intensità
e la letalità di questi pensieri possono essere piuttosto
variabili. Gli individui con minor rischio suicidario possono
riferire pensieri transitori (1-2 minuti), ricorrenti (una o
due volte a settimana). Gli individui a più grave rischio
suicidario possono avere acquistato il materiale (per es., una
corda o una pistola) da usare per il tentativo di suicidio e
possono avere stabilito un luogo e un tempo in cui rimarranno
da soli, così da poter realizzare il suicidio. Sebbene questi
comportamenti siano statisticamente associati con i tentativi
di suicidio e possano essere utili per identificare un gruppo
a rischio elevato, molti studi hanno dimostrato che non è
possibile prevedere con precisione se o quando un particolare
individuo affetto da depressione tenterà il suicidio. Le
motivazioni per il suicidio possono includere un desiderio di
rinunciare a fronteggiare ostacoli percepiti come
insormontabili o un desiderio intenso di porre fine ad uno
stato emotivo estremamente doloroso che viene percepito dal
soggetto come interminabile.
D.S.M IV TR, Ed. Masson
2000
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